Anche quando l’agricoltura fu in grado di sopperire in gran parte al fabbisogno della popolazione, la caccia e la pesca costituirono per gli egizi un supporto di estrema importanza e continuarono ad essere praticate più o meno con gli stessi metodi che conoscevano gli antenati preistorici. La caccia nei deserti libico e orientale (antilopi, gazzelle, belve) avveniva soprattutto con il lazo, una corda alle cui estremità erano fissati un ciottolo o una palla metallica (balas), mentre dal Medio Regno si diffuse anche l’uso dell’arco. Ma i "territori di caccia" più ricchi erano le vaste aree paludose del Nilo, paradiso degli uccelli di passo, dei coccodrilli, degli ippopotami, delle manguste. Gli uccelli venivano catturati con reti e trappole o abbattuti con il bastone da lancio, una specie di pesante boomerang di legno lungo circa 90 cm. La caccia all’ippopotamo si svolgeva su barche: indebolito dai colpi d’arpione e imbrigliato dalle corde, l’animale veniva finito con l’ascia. Per la pesca si usavano nasse, arpioni con punta di osso e di bronzo o reti portate a strascico (sciabiche) dalle imbarcazioni sulle acque basse. Caccia e pesca diventarono uno sport soprattutto nel Nuovo Regno. Alcune prede, come il leone del deserto, erano riservate solo al faraone: Amenofi III ci informa di aver ucciso ben 110 leoni di sua mano nei primi dieci anni del suo regno.